Ci sono rischi di trombosi associati alla vaccinazione contro il Covid-19?
Nonostante l’approccio clinico contro la SARS-COV2 si basi su una serie di differenti strumenti terapeutici, la vaccinazione è la migliore prevenzione primaria contro qualsiasi tipo di malattia infettiva, la più efficace arma per favorire l’immunità di gregge e per creare un microambiente sfavorevole per la replicazione e la sopravvivenza del virus.
Fino ad oggi, l’Agenzia europea dei medicinali (EMA, European Medicine Agency) ha approvato quattro vaccini contro il COVID-19: due vaccini ad RNA – BNT162b2 (Comirnaty® – Pfizer – BioNTech) e mRNA-1273 (Moderna) – che codificano per l’antigene proteico spike del virus, incapsulato in nanoparticelle lipidiche; ChAdOx1 nCov-19 (AstraZeneca/Vaxzevria), un vettore adenovirale ricombinato da scimpanzè codificante la glicoproteina spike di SARS-CoV2; Ad26.COV2.S (Johnson & Johnson), un vettore adenovirale di tipo 26 ricombinato, codificante la glicoproteina spike SARS-CoV-2.
Come afferma la D.ssa Flora Peyvandi, Professore Ordinario di Medicina Interna all’Università degli Studi di Milano e Direttore del Centro Emofilia e Trombosi Angelo Bianchi Bonomi, Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico.“ Non ci sono dati che dimostrano una incidenza più alta di eventi trombotici nella popolazione vaccinata. È invece stato rilevato un aumento di rischio per un numero ristretto di casi di complicazioni, di per sé già molto rare, che però risultano più frequenti rispetto alle attese nella popolazione vaccinata con i vaccini AstraZeneca (Vaxzevria) e Janssen. La commissione di valutazione del rischio per la farmacovigilanza (PRAC) dell’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA) ha concluso che si può trattare di effetti collaterali molto rari riconducibili alla vaccinazione con questi farmaci.” Questa situazione ha contribuito e contribuisce notevolmente a generare dubbi in molti soggetti che si allontanano sempre più dalla ipotesi di sottoporsi serenamente al vaccino, tuttavia va precisato che tutte le fonti ufficiali che si avvalgono di un supporto scientifico e non solo mediatico, nel confermare una rarissima ipotesi di danno vascolare al soggetto vaccinato, ne garantiscono una efficacia ben superiore al rischio.
Alla domanda: ma quanti sono i casi rilevati nel mondo finora? Prosegue la professoressa Peyyandi “Nel caso di Vaxzevria, il vaccino AstraZeneca, la valutazione di EMA ha riguardato 169 casi di trombosi del seno venoso cerebrale e 53 casi di trombosi della vena splancnica riportati nel database dell’UE sulla sicurezza dei farmaci (EudraVigilance) al 4 aprile 2021. Si tratta di casi segnalati spontaneamente attraverso i sistemi di farmacovigilanza in Europa e nel Regno Unito, su un totale di circa 34 milioni di persone vaccinate. Riguardo al vaccino Johnson&Johnson l’Agenzia ha valutato 8casi segnalati negli Stati Uniti, su 7 milioni di persone vaccinate (al 13 aprile 2021) ed in entrambe le valutazioni delle complicanze si tratta nella stragrande maggioranza di individui di sesso femminile con meno di 60 anni di età. Non ci sono certezze, al momento, ma una spiegazione plausibile è che questa insolita combinazione di trombi ed un numero basso di piastrine derivi da una anomala risposta immunitaria, come una malattia AUTOIMMUNE a generare anticorpi contro le proprie piastrine. È un’ipotesi nata dalla somiglianza con una condizione vista talvolta in pazienti trattati con eparina (trombocitopenia indotta da eparina, HIT), ma in questo caso senza che vi sia alcun utilizzo associato di eparina, sindrome che è stata chiamata VITT, dall’inglese vaccine-induced thrombotic thrombocytopenia”.
In veste di Vice Presidente della Associazione Flebologica Italiana, mi piace riportare la sintesi di una analisi approfondita della letteratura scientifica finora apparsa su tutte le principali riviste al mondo, un documento consultabile sul nostro sito ufficiale www.associazioneflebologicaitaliana.it , analisi condotta dalla D.ssa Pavei P. Dirigente Chirurgo Vascolare dell’Ospedale di Padova, che ci ricorda “.. altre sostanze oltre all’eparina fungono da trigger per un disordine protrombotico, simile alla HIT come farmaci polianionici (ad esempio il polisolfato di pentosano, il fattore antiangiogenico PI-88, il condroitinsolfato ipersolfato). Inoltre, sindromi protrombotiche sono state osservate dopo infezioni batteriche e virali e dopo interventi chirurgici ortopedici. Tutte queste varianti della HIT sono state classificate come trombocitopenia autoimmune indotta da eparina, caratterizzata dalla triade clinica di trombocitopenia severa, coagulazione intravascolare disseminata e trombosi”; quindi incolpare il vaccino anti covid come causa di trombosi è non solo foriero di interpretazioni cliniche errate, ma ancor più gravemente causa di inopportuni dubbi di “massa”, responsabili di false credenze che inducono i governi europei ad adottare misure apparentemente impopolari.
Relativamente poi alle frequenti domande dei pazienti sul rischio di eventi avversi in caso di preesistente malattia trombofilica (predisposizione familiare e genetica alla trombosi), questa possibilità è totalmente esclusa. Bisogna infatti ricordare che, durante la prima parte della campagna vaccinale, sono stati vaccinati 25 milioni di individui, di cui 1,5 milioni affetti da trombofilia, quindi con una prevalenza del 6%. Se prendiamo ad esempio la trombofilia più frequente, cioè l’eterozigosi del fattore V Leiden, con una prevalenza del 5% nella popolazione mondiale, il rischio assoluto di evento trombotico è di 1 caso su 1000 per la popolazione sotto i 40 anni, mentre 1 caso in 100 per la popolazione di età compresa tra i 40 ei 60 anni. Se su 25 milioni di vaccinati, abbiamo avuto solo 86 casi di VITT, quindi con una prevalenza dello 0,000003%, la vaccinazione diventa un fattore scatenante la trombosi nella popolazione geneticamente predisposta con una frequenza di 1 caso su 100 milioni di pazienti vaccinati, pertanto assolutamente ininfluente. E prosegue la d.ssa Pavei: “Da questi dati si può quindi escludere l’inutilità di qualsiasi forma di tromboprofilassi associata alla vaccinazione, che, al contrario, determinerebbe un maggior rischio di sanguinamento”.
Viceversa come afferma invece il dottor Corrado Lodigiani, Responsabile del Centro Trombosi e Malattie Emorragiche di Humanitas, “quello che dobbiamo temere è la malattia COVID-19 e non il vaccino, fondamentale per proteggerci. Se la probabilità di avere una trombosi dopo vaccinazione anti-COVID-19 è di 1 su un milione circa, sono invece 164mila su un milione i pazienti che possono sviluppare una trombosi in corso di infezione COVID-19 .È stato infatti dimostrato che la forte infiammazione, provocata dal virus soprattutto a livello dell’endotelio (il tessuto di rivestimento interno delle arterie e delle vene) causa un’attivazione dei fattori della coagulazione con conseguente trombosi locale.” Ed aggiunge inoltre concludendo Lodigiani “I casi osservati sono rarissimi e non devono generare eccessiva preoccupazione: ci si può vaccinare e in totale sicurezza. Tutti i vaccini tra quelli finora approvati contribuiscono in maniera significativa a prevenire forme severe di COVID-19 e pertanto sono preziosi e fondamentali nell’affrontare la pandemia. La malattia, come abbiamo purtroppo visto nel corso dell’ultimo anno, può generare quadri clinici molto complessi: non dobbiamo rinunciare al vaccino per paura, ma vaccinarci con fiducia”
Il prof. Vincenzo Toschi direttore del Servizio di Immunoematologia e Medicina Trasfusionale e Centro Emostasi e Trombosi, ASST Santi Paolo e Carlo, Milano ci ricorda che la trombosi associata a vaccino anti-COVID-19 (VITT) è stata ampiamente divulgata dagli organi di stampa ed ha rappresentato un forte deterrente all’esecuzione del vaccino in ampie fasce della popolazione per il forte impatto emotivo che ha causato. Va tuttavia ricordato che si tratta di una complicanza assai rara e sicuramente non tale da indurre i cittadini appartenenti alle fasce non considerate ad alto rischio di tale complicanza a rifiutare l’opportunità di sottoporsi alla profilassi di una infezione spesso assai grave, in molti casi mortale, e dall’andamento epidemiologico ancora incerto nel futuro prossimo”.
(Di Paolo Casoni – da La Gazzetta di Parma del 27/10/2021 – Photo by CDC on Unsplash)