Dal 13 al 21 Marzo 2021, torna la  Settimana Nazionale per la Prevenzione Oncologica (SNPO), promossa in tutta Italia dalla Lega Italiana per la lotta contro i Tumori, (L.I.T.L.) con la finalità unica di  diffondere il valore della prevenzione oncologica come metodo di vita, attraverso la promozione di corretti stili di vita tra cui uno stile di vita attivo e dinamico ed, in particolare, la sana alimentazione.
Come afferma il Prof. F. Schittulli presidente Nazionale LITL “Oggi infatti, grazie alla prevenzione, la percentuale di tumori guaribili ha superato il 65% e possiamo affermare che il cancro non fa più paura, trattandosi di una patologia da considerare sempre più cronica. Tant’è che, a fronte di un costante annuale aumento dell’incidenza dei casi di cancro (oltre 1.000 al giorno nel nostro Paese), si registra una seppur più lenta ma continua e progressiva diminuzione della mortalità”.

In Italia i tumori provocano meno decessi rispetto alla media europea. In particolare, dal 2015 a oggi si stima una diminuzione complessiva del 5% della mortalità per cancro nel nostro Paese. Nelle donne, i tumori dello stomaco (-20%), della tiroide (-15%) e dell’esofago (-12%) fanno registrare le riduzioni più importanti, negli uomini le neoplasie della laringe (-28%), della prostata (-15%) e dello stomaco, colon-retto e polmone (-11%). La pandemia causata dal Covid-19, però, sta mettendo a rischio la continuità di cura delle persone colpite da neoplasia. Essa infatti ha certamente influito sul mondo dell’oncologia, dove nel corso della prima ondata abbiamo assistito alla sospensione per almeno due mesi, sul territorio nazionale, dell’attività di screening oncologico.

Lo screening, ovvero l’esecuzione di determinati esami che vengono proposti per anticipare la diagnosi dell’instaurarsi di un tumore, sono un momento fondamentale in oncologia poiché la diagnosi precoce è ancora oggi uno dei principali fattori che influenzerà la prognosi, (ovvero l’evoluzione della malattia, ed in altre parole la sopravvivenza a distanza). Purtroppo ancora la maggior parte dei casi di tumore vengono invece identificati quando, a partire da alcuni sintomi, si ritiene opportuno approfondire con indagini diagnostiche, prevalentemente ospedaliere, per arrivare a una diagnosi.

Nel periodo del lockdown, nonostante lo straordinario impegno di ogni risorsa umana in tutte le strutture sanitarie, si è purtroppo verificata una consistente riduzione degli accessi agli ospedali e all’attività diagnostica oncologica, in parte obbligati dalla differenzazione dei percorsi, ma anche per la paura dei pazienti ad avvicinarsi alle strutture. Ci si aspetta che il futuro potrà portare in evidenza un maggior numero di casi di pazienti oncologici non sottoposti ai consueti screening, così come da altri che arriveranno a una diagnosi in fase più avanzata di malattia.

Questo l’assunto di base che ha guidato la discussione del terzo Tavolo interregionale di Confronto sulla presa in carico del paziente oncologico ai tempi del Covid a cui hanno partecipato i rappresentanti di Marche, Lazio, Abruzzo e Toscana. All’incontro online, organizzato da Quotidiano Sanità hanno partecipato tra molti esperti del settore il prof. Francesco Saverio Mennini, Docente di Economia Sanitaria a Tor Vergata , la cui osservazione principale vuole puntualizzare il concetto che: “Dal punto di vista dell’organizzazione del Sistema Sanitario e anche dal punto di vista delle opportunità che può offrire al sistema di welfare nel suo complesso, la pandemia dovrebbe essere considerata un’opportunità”, o quanto meno un punto di svolta che stimoli ad accelerare alcune attività, come ad esempio, incrementare l’uso della telemedicina, sulla falsariga della DAD, vista sempre più come un complemento utile e necessario alla gestione del paziente, con particolare riferimento al follow up od alla pianificazione di una strategia territoriale di screening. Il punto di incontro ideale è l’effettiva realizzazione delle Reti oncologiche regionali, presenti in verità solo in alcune Regioni; è l’appello lanciato dall’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) durante il XXII Congresso Nazionale della società scientifica, che si è svolto in forma virtuale.

“Il Covid-19 ha dimostrato quanto sia necessario rendere subito operative le Reti oncologiche regionali in tutto il territorio – afferma Giordano Beretta, Presidente Nazionale AIOM e Responsabile Oncologia Medica Humanitas Gavazzeni di Bergamo -. La continuità di cura è stata garantita ai livelli più alti proprio nelle Regioni dotate di Reti, perché l’accesso ai trattamenti è possibile anche nelle sedi periferiche sulla base di indicazioni condivise, limitando così gli spostamenti dei malati. Oggi le Reti sono attive in Piemonte e Valle D’Aosta, Veneto, Toscana, Umbria, Liguria, Provincia autonoma di Trento, Puglia e Campania oltre che in Lombardia ed Emilia-Romagna, pur se con configurazioni differenti”.

Uno studio pubblicato dalla University College of London ha infatti stimato che la percentuale dei decessi nei prossimi mesi in Inghilterra potrebbe aumentare del 20%, arrivando a 18mila morti causate dal rinvio delle cure e dalla paura dei malati di andare nei centri. “Per non perdere il terreno guadagnato finora va considerato che le Reti rappresentano lo strumento per la reale presa in carico globale del paziente oncologico, per ottenere risparmi per il sistema e favorire la qualità e l’appropriatezza delle cure con un approccio multidisciplinare – afferma anche Saverio Cinieri, Presidente eletto AIOM e Direttore Oncologia Medica e Breast Unit dell’Ospedale ‘Perrino’ di Brindisi -. Con questo tipo di organizzazione è inoltre possibile garantire percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali più snelli e uniformi.

Il tema è stato anche oggetto del quarto Congresso nazionale di Fondazione Onda, svoltosi in forma virtuale a fine settembre, al quale ha preso parte il professor Armando Santoro, Direttore di Humanitas Cancer Center, con un intervento dedicato all’inquadramento epidemiologico : “La pandemia ha reso più difficile la gestione dei pazienti oncologici da tutti i punti di vista: dello screening, della diagnosi precoce, delle terapie e del follow up”. E’ emerso tuttavia un dato confortante, ovvero che i pazienti oncologici non corrono un maggior rischio di contrarre il virus rispetto agli altri; che la presenza del cancro non influenza la gravità e la prognosi di COVID-19 e che i pazienti oncologici che hanno contratto il virus e che sono deceduti, erano perlopiù pazienti molto anziani, affetti da pluripatologie e tumori sovente in stadio avanzato. “Durante il lockdown abbiamo continuato a curare i pazienti assicurando loro i trattamenti antitumorali e gli interventi chirurgici non rimandabili. Sappiamo però che si è registrata nel nostro Paese una riduzione del numero di nuove diagnosi. Un dato preoccupante, dovuto a diversi fattori: l’interruzione dei programmi di screening, la difficoltà dei medici a gestire i casi sospetti di tumore e il timore dei pazienti a tornare, da maggio in poi, negli ospedali e negli ambulatori per screening e controlli”, prosegue il prof. Santoro. Il tema non riguarda naturalmente solo l’Italia. Norman E. Sharpless, Direttore del National Cancer Institute (NCI), in un editoriale pubblicato su Science lo scorso giugno si chiede che cosa si possa fare per limitare queste conseguenze, anche in virtù della previsione dell’aumento di mortalità – soprattutto nei tumori del seno e del colon-retto – per la mancata esecuzione degli esami per una diagnosi precoce. “Alla luce di queste considerazioni è importante innanzitutto invitare ancora una volta i pazienti a non rimandare le cure e a riprendere gli screening e i controlli: tutto può essere fatto in completa sicurezza.

Compito infatti di tutte le istituzioni che si occupano di prevenzione e di oncologia è quello di  mantenere attive le campagne di prevenzione. Non possiamo infatti mettere a rischio la riduzione dell’incidenza e della mortalità che abbiamo finora ottenuto grazie all’identificazione precoce delle lesioni pre-cancerose…”, ha concluso il prof. Santoro. A questo proposito il CIPOMO (Collegio Italiano dei Primari Oncologi Medici Ospedalieri), preso atto dei possibili effetti negativi causati dalla Pandemia da SARS-Cov-2 sulla sopravvivenza e sulla possibilità di guarigione dei pazienti oncologici, chiede alle istituzioni preposte un deciso cambiamento di strategia nella gestione della Pandemia: più cure preventive a domicilio e meno ospedalizzazioni per i pazienti con infezione da COVID-19. L’obiettivo rimane quello di garantire la conservazione di un adeguato numero di posti letto medici e chirurgici – con relativo supporto di personale medico ed infermieristico – per i pazienti oncologici che ne avranno bisogno e istituire percorsi protetti da dedicare loro per evitare qualsiasi rischio di contagio in ospedale.