Alla fine dell’anno appena trascorso è arrivata in Italia direttamente dal Wong Wah Hospital di Hong Kong una delle 5 macchine oggi esistenti al mondo che promettono di rivoluzionare il trattamento della malattia venosa cronica per la quale ogni anno si eseguono 5 milioni d’interventi.
Si tratta di Sonovein® il primo trattamento robotizzato HIFU (High Intensity Focussed Ultrasound), cioè a ultrasuoni focalizzati ad alta intensità, messo a punto da Theraclion, azienda cinese specializzatasi nella produzione di robot chirurgici ad alta precisione.
Ad accogliere Sonovein® nel nostro Paese è stato il Vice Presidente dell’Associazione Flebologica Italiana professor Paolo Casoni di Parma che lo ha allocato presso la Vein Clinic Ippocrate parmense (www.ippocrateparma.it) di cui è anche Direttore scientifico e dove sono già stati effettuati con successo i primi 28 casi italiani; attualmente l’équipe del centro sta procedendo con il trattamento di 4-5 casi alla settimana.
Sonovein® fa risparmiare tempo e costi di trattamento in quanto non necessita di una sala chirurgica dedicata, di personale di assistenza e di una convenzionale preparazione operatoria del paziente che può essere dimesso in giornata senza incisioni o cicatrici, non avendo provato alcun dolore e senza dover poi indossare per almeno due settimane fastidiosi bendaggi contenitivi.
Mentre il robot “opera” sotto il controllo del medico, il paziente non necessita di anestesia e non corre rischi di infezioni o emorragie postoperatorie. Tramite un’apposita testa snodabile segue punto per punto il decorso della vena da trattare inviando per via transcutanea gli impulsi ultrasonici che colpiscono con assoluta precisione il bersaglio. Il trattamento è sempre personalizzato con la possibilità di agire anche su vasi di difficile accesso con le terapie convenzionali, risolvendo pure ricanalizzazioni o neovascolarizzazioni derivanti da precedenti interventi che possono essere facilmente risolte senza incisioni. E soprattutto il paziente viene dimesso in giornata con la prospettiva di non presentare le recidive che spesso invece gravano sulle consuete metodiche di trattamento quali la safenectomia stripping o la terapia con farmaci sclerosanti di shrinking venoso e che si presentano anche con le tecniche più conservative con le quali, cercando di mantenere la funzione di drenaggio della connessione fra le logge anteriore e posteriore della gamba, si risparmia la safena usando il laser endovenoso, la radio frequenza o le colle di cianoacrilato.
Proprio l’enorme massa di primi interventi e di reinterventi sulle frequenti recidive ha spinto i chirurghi cinesi ad optare per la nuova metodica.
“In Italia, la condizione affligge 19 milioni di persone circa –spiega il professor Casoni- ma nonostante l’elevata incidenza almeno 1 paziente su 3 ne trascura i sintomi sottovalutandone i rischi che nei casi più gravi vanno ben al di là del dolore e dell’inestetismo da edema declive e da rami venosi superficiali, arrivando alla formazione di pericolosi trombi per la cronica infiammazione dell’endotelio vasale”.
Nella popolazione generale italiana se si considera il circolo della safena e delle sue collaterali la malattia ha una frequenza del 15-30%, che diventa del 35% comprendendo anche le varicosità solo estetiche.
Questa condizione morbosa assorbe una quota pari all’1-3% delle risorse sanitarie dei Paesi occidentali dove si calcola una prevalenza del 25-80% legata soprattutto a errati stili di vita trombofilici come l’eccessiva sedentarietà, la sovralimentazione con sovrappeso e l’insufficiente attività motoria. A ciò si sommano fattori predisponenti genetici o di genere; chi soffre di vene varicose è per lo più la donna: dopo i 50 anni due terzi dei pazienti sono infatti di sesso femminile. Nelle cosiddette Vein Clinic lo studio di questi/e pazienti prevede un’adeguata valutazione della coagulabilità sia per via genetica che tramite saliva in base alla quale l’équipe decide per il miglior trattamento da adottare e da concordare anche con il paziente, al quale possono essere forniti suggerimenti preventivi riguardo la dieta e il cambiamento dello stile di vita che, come indicato, costituiscono importanti fattori di rischio nella popolazione occidentale.
A cura di Cesare Peccarisi – FarmInforma