Centro Medico Ippocrate

Non è un’operazione, né un intervento, ma un trattamento a ultrasuoni, che dura dai 40 ai 60 minuti. Non è doloroso, perché al paziente viene somministrato un po’ di anestetico, più o meno come accade dal dentista. Eppure, questa terapia ambulatoriale può salvare la vena safena, costituendo un’alternativa non invasiva per il trattamento delle vene varicose.

A Parma se ne occupa il professor Paolo Casoni, vice presidente dell’Associazione flebologica italiana, specializzato in Chirurgia generale, vascolare e oncologica e già docente all’università di Parma, che nel suo centro, «Ippocrate», utilizza questa tecnica innovativa con il Sonovein, un dispositivo di ultima generazione, impiegato solamente in sei città europee: Londra, Praga, Vienna, Madrid, Marbella e Parma (l’unica, al momento, in Italia).

«Sonovein è la prima (e, per ora, unica) soluzione robotica completametne non invasiva per il trattamento delle vene varicose, attraverso l’uso della eco-terapia: non ha bisogno di accessi venosi, come accade con la chirurgia, cateteri e non lascia segni – spiega lo specialista -. Questo tipo di tecnologia, sfruttando gli ultrasuoni terapeutici, può trattare la vena dall’esterno del corpo. L’ecoterapia, infatti, usa onde a ultrasuoni simili a quelle impiegate durante un esame ecografico, con onde di energie superiore e le concentra sulla vena per generare energia termica. Questa, quando viene erogata, si restringe e viene riparata. In questo modo, si concretizza la possibilità di intervenire in modo più conservativo, anche perché quando un paziente si sottopone, per esempio all’ablazione della vena safena, la percentuale di recidive a distanza è dal 50 al 70% a seconda delle casistiche.

Con metodiche conservative che pratichiamo da anni chirurgicamente,   questa percentuale si abbatte di molto, pertanto con il Sonovein ci sono i presupposti perché questo si confermi, tuttavia a fronte di risultati molto promettenti nei primi mesi, come confermato da centri europei che hanno iniziato prima di noi, dovremo attendere che il tempo ci dia ragione.»

Da dicembre, in città, sono stati effettuati 28 trattamenti e in programma ce ne sono molti altri provenienti da tutto il territorio nazionale.  

«I pazienti finora trattati nel mondo sono circa 700 ed i risultati sono molto soddisfacenti in tutti i centri con parametri di utilizzo standardizzati ed uniformati, anche a Parma i casi fatti fino ad ora si collocano su questa linea – ha chiarito Casoni -.La loro età va dai 30 agli 88 anni, ma la ratio per poter intervenire non dipende dagli anni, ma da una condizione anatomica ed emodinamica, vale a dire in base al tipo di patologia venosa della persona».

Come specificato dal medico, infatti, non tutti sono «eleggibili» per il Sonovein, anche se «circa il 90% dei pazienti con varici agli arti inferiori può farlo».

«Per saperlo, però, occorre fare uno studio accurato anatomico ed emodinamico, con un ecocolordoppler molto particolare – aggiunge -. Una volta accertato, ci si può sottoporre a questa procedura ambulatoriale che, soprattutto per i pazienti più anziani, con problematiche diverse, possono sfruttare questa metodica senza nessuna controindicazione». In alcune circostanze possono essere necessarie più sedute, anche se questo dipende da un caso all’altro. «Essendo il nostro  l’unico centro in Italia a disporre del macchinario, siamo stati scelti per fare formazione  in futuro ad altri e questo è tra i nostri obiettivi – conclude Casoni -. Ci auguriamo che la tecnologia avanzi e che diventi sempre più fruibile nel tempo».

di Giovanna Pavesi – dalla Gazzetta di Parma del 9/2/2022